Dove siamo
Si scorrono, come su un'altalena, le dolci colline del piacentino nella Val Tidone prima di arrivare ad un'azienda dove storia, tradizione e cultura di secoli hanno sposato passione, tenacia e innovazione, proposta anche dal biologico. Parliamo dell'azienda vitivinicola Torre Fornello, in quella località che porta il suo stesso nome, alla periferia di Ziano Piacentino, a 15 minuti da Castel San Giovanni in terra emiliana, generosa per storia e cultura, oltre che per gente e territorio. Il rapporto con il territorio, dunque, strategia vincente che parte da lontano, dal 1200 quando gli insediamenti rurali si arricchiscono della presenza di una fornace, da cui il nome, per fare mattoni di argilla e sassi di calce. E nel 1400 il paese, diventato di proprietà dei Principi Sanseverino di Napoli, viene arricchito dalla Torre posta a guardia del feudo e aggiunge questo nel nome che diventa Torre Fornello. Nel 1600 l'edificio, acquisito dai conti Zanardi Landi condottieri di Sarmato, diventa una sede padronale e si arricchisce di due ali laterali e di un giardino botanico cui si aggiungono scuderia, stalle, fienile, cantine e vinsantaia, mentre i vigneti si espandono sulle colline vicine.
Donna Luigia Scotti Douglas, discendente della nobile famiglia scozzese e vedova del Conte Zanardi Landi Granduca di Toscana, lascia la proprietà alla figlia specificando nel testamento di non frazionare mai il terreno che arriva così integro fino ad oggi, inclusi i vigneti secolari ognuno dei quali porta un nome proprio che ancora oggi si conserva. Nel 1972 la famiglia Sgorbati, viticoltori da sempre nei colli vicini, acquistano l'intera proprietà e nel 1998 Enrico Sgorbati, l'attuale proprietario, decide la svolta di Torre Fornello partendo dalla ristrutturazione dell'azienda, in particolare costruendo la nuova cantina per la produzione di vini di grande spessore e personalità, oltre a proseguire la coltivazione dei vigneti.
Considerazioni di TigullioVino
Agosto 2013
Se Ziano Piacentino è la patria riconosciuta della coppa, lo è anche del malvasia. Un terroir dove questo vitigno riesce a esprimersi al meglio, interpretando ruoli diversi. Ma di tipico c’è anche altro: il Gutturnio. Da più di un decennio i produttori locali hanno impiantato vitigni diversi e, alcuni, cepages di origine francese, come nel caso di quest’azienda. Nove validi vini, tre bianchi, due spumanti, tre rossi e un rosato dolce. Eccone una sintesi: l’UNA un moelleux di pregio; Donna Luigia più secco e di buon carattere; Pratobianco di sapida freschezza e, pur giovane, dai profumi compositi. Dei due Spumanti, piacevole ma nella norma (escluso il vitigno), di buon equilibrio il Rosé. Nei rossi due buoni Gutturnio: più complesso ed affinato il Riserva, ma di maggiore armonia il Sinsal; curioso e interessante per vitigno, struttura e bouquet il Nero Lucido. Lo stesso per il dolce Ottavo Giorno, premiato con l’argento all’ultimo Biofach. Significativo il fatto che, tra i vini di maggior punteggio, ci siano quelli biologici.