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Michael Bloomberg: troppo alcol, basta aperitivi

di Redazione di TigullioVino.it

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Abbassate i gomiti: l’happy hour è finita. L’ora felice che dalla Grande Mela ha invaso il mondo ha le ore, appunto, contate. L’ha deciso il sindaco miliardario Michael Bloomberg. L’uomo che giusto un anno fa ha spento l’ultima sigaretta di NewYork adesso vuole svuotare i lieti (happy) calici e annacquare l’inebriante tradizione del drink prima di cena. Inutile dire che l’industria degli alcolici già trabocca. Il consumo negli Usa è diminuito negli ultimi vent’anni di 10 litri a testa: facendo sprofondare la patria del bourbon addirittura al 22esimo posto nella classifica mondiale. Le nuove disposizioni studiate dal Dipartimento della salute adesso darebbero la botta finale: relegando il cicchetto newyorchese nei tempi della fiction da Mad Men e dintorni. Il piano segreto dell’assessore più amato dai salutisti, Thomas Fairley, unico vizio la maratona, è ambizioso. Nel 2006 i ricoveri per fenomeni legati all’alcol sono stati 209 ogni 100mila abitanti: l’obiettivo è portare entro un anno la media a 170 persone.

Il fatto - dice il New York Post che ha messo le mani sul piano drinkicida - è che le cifre non risponderebbero a una vera emergenza. Il quotidiano esagera: metà degli omicidi e il 28 per cento degli incidenti stradali sarebbero legati all’alcol. Ma è vero che il consumo a NewYork è comunque ben al di sotto dei paesi più beveroni - un primato tutto europeo: Lussemburgo, Irlanda e Francia sul podio. E finirebbe invece per decretare la morte di quell’industria dell’intrattenimento che tanto ha contribuito - proprio in tempi di crisi - alla ripresa economica della città che non dorme mai: magari proprio perché su di giri. Del resto proprio a New York è nato il fenomeno dell’Ora Felice: l’happy hour che dimezza, o quasi, il prezzo degli alcolici, favorendo il consumo. Una tradizione che risale appunto agli anni del Proibizionismo. Nell’America ostaggio del puritanesimo - e delle bande mafiose che col commercio durante il Proibizionismo si arricchirono - la stragrande maggioranza dei cittadini non abbandonò certamente il vizio: dovette soltanto “concentrarlo”. Gli speak easy erano quei posti segreti dove l’alcol di più o mena buona qualità veniva servito: e dove gli avventori si precipitavano prima di cena proprio per fare il pieno.

Naturalmente l’abitudine non è finita con la fine del Proibizionismo. E anzi il drink dopo ufficio è diventata una tradizione per rinforzare lo spirito di corpo tra colleghi - oltre a gonfiare il fegato. Peccato che spesso dai gomiti alzati si sia passati ai pugni: quante liti sono scappiate nel momento dell’ora che doveva restare felice? E del resto proprio dalla boxe arriva il termine, o almeno cosi spiega quel meraviglioso libro intitolato Origin of Everyday Things: l’happy hour era concessa prima del tramonto già negli anni Venti ai marinai che potevano sfogare lo stress della giornata con una birretta e una scazzottata - e quasi sempre in quest’ordine. Peccato che la stretta alla bottiglia rischi di colpire come sempre il 99 per cento - per dirla con io slogan di Occupy Wall Street. È vero, l’happy hour è offerta nei bar di tutta la metropoli: dal Garage giù al Village all’Harry Burritos sull’Upper West Side. Ma non ha certamente bisogno di sconti l’1 per cento dei soliti ricchi che, per esempio, si inebria al bancone del mitico Hotel Carlyle: dove proprio in questi giorni s’è celebrato mestamente il pensionamento di Tommy Rowles, uno dei barman più famosi della città. Un vero professionista: l’uomo che ha servito da Harry Truman ai Kennedy. Perché quando si tratta di darla a bere, si sa, i politici sono sempre in prima fila. A meno che non si chiamino Bloomberg.


Fonte news: Repubblica

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