“Attenzione agli inganni, sui banchi dei supermercati potrebbero esserci uova illegali”. A dare l'allarme è la LAV- Lega Anti Vivisezione, che annuncia battaglia in sede comunitaria per denunciare il pericolo irregolarità in tema di etichettatura e chiede l'intervento immediato del Ministero delle Politiche Agricole per garantire il benessere degli animali. Dal 1 gennaio 2012 sono infatti inderogabilmente vietati su tutto il territorio comunitario gli allevamenti di galline ovaiole con gabbie non modificate, in base al combinato disposto della normativa comunitaria (art.5 Direttiva del Consiglio n.74 del 19 luglio 1999) e nazionale (Decreto Legislativo 29 luglio 2003 n.267). Nonostante questo divieto sia noto da ben 13 anni, solo in Italia sarebbero circa 18 milioni le galline ancora detenute in maniera illegale su un totale superiore ai 40 milioni di individui. La stima delle galline allevate in maniera irregolare in tutti i Paesi UE è di quasi 50 milioni: se ne desume che l’Italia ne avrebbe circa il 40% con un primato di illegalità non certo esemplare. Tutto questo dopo un periodo di transizione durato ben 13 anni e durante il quale solo una piccola parte delle aziende si sono adeguate alla normativa.
“Un macroscopico illecito – afferma Roberto Bennati, vicepresidente LAV - con indiscutibili effetti negativi sul piano del benessere degli animali, ma anche un macroscopico inganno per milioni di consumatori”. In base al combinato disposto dell’art.12 e degli allegati n.1 e 2 del Regolamento n.589/2008 si evince che al 1 gennaio 2012 la dicitura uova da allevamento in gabbia sugli imballaggi si riferisce esclusivamente agli allevamenti che rispettino il dettato della Direttiva 74/99, e quindi da allevamenti con gabbie modificate. Di conseguenza le uova provenienti da allevamenti vietati dalla Direttiva e dalla norma nazionale (cioè quelli con gabbie non modificate) non potranno avere alcun tipo di imballaggio né essere messi in commercio, anche perché non vi sarebbe alcun codice di riferimento da assegnargli. Qualora esse abbiano la dicitura ‘uova da allevamento in gabbia’ quest’ultima non corrisponderebbe alla realtà dei fatti, con conseguenze in termini di frode per i consumatori coinvolti.
"Una situazione grave, tanto che la Commissione UE ha messo in mora l'Italia avviando una procedura d'infrazione, la seconda sulla materia, che sarà inevitabilmente pagata dai consumatori! - prosegue Bennati - In questi giorni abbiamo inviato alla Commissione UE una richiesta per rafforzare la procedura d'Infrazione contro l'Italia per violazione delle norme sulle gabbie e per chiedere una nuova procedura di infrazione sull’etichettatura, nell'interesse di decine di milioni di animali e dei cittadini. Oggi, i cittadini che stanno comprando uova con codice 3 (cioè da allevamento in gabbia), stanno acquistando con molta probabilità delle uova illegali, la cui commercializzazione dovrebbe essere immediatamente sospesa in base alle norme sulla commercializzazione delle uova stesse. Per questo invitiamo tutti i consumatori a non acquistare uova con codice 3, e a seguire i nostri consigli su Cambiamenu per scoprire i tanti vantaggi della scelta veg”.
“Purtroppo - conclude Bennati – la richiesta da noi inviata al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, per vietare la commercializzazione di uova provenienti da galline allevate in sistemi illegali è rimasta lettera morta. Una scelta verso l’illegalità. L’unica soluzione avuta a oggi dal Ministero è stata un Decreto Ministeriale che vorrebbe trasformare l’adempimento obbligatorio, quello del 1 gennaio 2012, in adempimento facoltativo al 2014! Oltre all’illegalità dell’industria, anche l’illegalità delle Istituzioni”.
Fonte news: LAV- Lega Anti Vivisezione
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