Khazzen, Gadir, Bukkuram, Gelkhamar, Mueggen, Khamma… la geografia
dell’isola racconta la sua storia fatta di un passato arabo e di un presente
legato al vino. Più vicina all’Africa che alla Sicilia, grande quanto metà
di Roma (entro i confini del raccordo anulare), alta più di 800 metri,
quindi fortememente scoscesa.
In un piccolo fazzoletto di terra, troviamo un po’ di tutto, grotte e faglie,
sorgenti termali e favare (emissioni naturali di vapore acqueo), altipiani e
laghi vulcanici. L’isola è varia ma soprattutto bella.
Di una bellezza che ti conquista subito per via di queste rocce scure
che si nascondono dentro al verde, per via della vegetazione che il vento
mantiene bassa, per le costruzioni ancora discrete (e speriamo che si
mantengano tali) che punteggiano il paesaggio senza stravolgerlo,
caratterizzate dalle cupolette bianche di calce: i dammusi.
Ma amiamo quest’isola per via delle sue vigne.
Senza pali, senza fili, senza spalliere, la vigna di Pantelleria è vigna
primordiale, sembrerebbe quasi selvaggia e spontanea se questi alberelli,
che appena spuntano dalla loro fossa interrata, non fossero così regolari.
Ciuffi di foglie protetti dal terreno sabbioso rendono il paesaggio unico.
L’altopiano di Mueggen è il miglior esempio del genere, un gigantesco
“orto” di viti, arato non dagli animali o dagli attrezzi ma dalla mano
dell’uomo che nei secoli ha disegnato con il sudore e il lavoro le migliaia
di chilometri di questi muretti a secco, dei terrazzamenti, le curve e le
pieghe di questo incantevole paesaggio.
Il vino è da sempre protagonista dell’isola, ma i veri problemi sono
sempre venuti dall’acqua. A risolverli con incredibile sagacia sono
state le diverse civiltà che si sono succedute nell’isola, prima fra tutte
i fenici. Il loro sistema di cisterne e canalizzazioni per raccogliere, non
disperdere e conservare l’acqua piovana, non solo è mirabile, ma
estremamente efficiente.
Hanno disseminato l’isola di centinaia di cisterne vetrificate con pasta
di cocci e ossidiana.
Un'isola meravigliosa, da scoprire insieme ai suoi protagonisti.
Un sistema che ha permesso la sopravvivenza della popolazione,
il diffondersi dell’agricoltura e che funziona perfettamente anche oggi.
Negli ultimi decenni la tecnologia è venuta incontro al problema e
l’impianto di desalinizzazione dell’acqua marina rappresenta certo uno
dei più significativi cambiamenti alla vita dell’isola, permettendo una
forte presenza di turismo estivo senza troppi problemi, ma le cisterne
funzionano ancora e in alcune zone più remote dell’isola sono sempre
loro il cardine essenziale per mantenere vivo il tessuto agricolo originale.
Un’isola dove al mare si preferisce la terra, dove la strada perimetrale
passa in genere alta e lontana dalla costa, e i pochi (e brutti in genere)
alberghi, salvo poche eccezioni sono nei centri abitati o a mezza costa.
Qui ancora i dammusi si disperdono nel verde e raramente arrivano a mare,
e l’agricoltura rimane più importante della pesca.
Il piatto più amato è il coniglio e soprattutto le mille verdure che gli orti
offrono nelle varie stagioni. Verdure che per la poca acqua crescono a
fatica, ma sono cariche di sole e sapore.
Provate i piatti tipici, ma non tanto i crostacei e la cernia (peraltro squisita) ,
ma il coniglio, e meglio ancora la “sciakisciuka” un misto caldo di
verdure cotte nel coccio, il “cucurumma” a base di zucchine e così via.
Oxidiana, oggi è la discoteca più importante dell’isola, ma ha fatto
per millenni la fortuna di Pantelleria.
Roccia dura a spigoli vivi, nera e spesso translucida, è stata la materia
prima degli utensili di lavoro per millenni. Oggi queste pietre segnano
per migliaia di chilometri i campi, ne definiscono i percorsi e i confini,
le migliaia di appezzamenti. La proprietà è frazionata al massimo, ogni
contadino ha il suo orto, il suo vino, nato come alimento per le stagioni
fredde.
“Passum”, gli antichi romani celebravano la gloria di quest’uva passa,
di questo vino fatto per l’appunto con le uva appassite, di moscato di
Alessandria che qui trovava tipologia e carattere unico.
Storie di vino e non tutte storie felici.
Il passito di Pantelleria ha conosciuto gloria e periodi più oscuri, momenti
di fama e di forte critica, questo perché l’isola è piccola, la vera produzione
ha costi notevoli e nel passato non tutta la produzione messa in commercio
è stata “trasparente”.
Ci sono circa 2000-2500 alberelli per ettaro, ognuno in una conca scavata
nel terreno sabbioso, ogni alberello dà circa 3-4 kg di uva grazie a 5-6 grappoli.
La resa per ettaro varia dai 40 chili delle vigne vecchie ai 70 di quelle giovani.
L’uva viene raccolta a fine agosto in genere ed ha una gradazione che
oscilla tra i 18 e i 23 gradi di zucchero.
Il calo ulteriore va dal 35% al 60%. Il passito ha un minimo di 14° con un
minimo di 11 g/litro di contenuto zuccherino residuale.
La maggioranza delle vigne è attualmente in abbandono e solo di recente
è iniziato il ritorno alla terra. Questo grazie al rispetto delle nuove regole
e a Salvatore Murana. Salvatore è un po’ il patriarca spirituale dell’isola.
Lo troverete in località Khamma; segno di riconoscimento la sua etichetta,
il mare con le due montagne dell’isola, un’etichetta inconfondibile che orna
le sue bottiglie e indica la sua casa. A lui si deve la valorizzazione recente
del Passito.
Nomi come Mueggen, Khamma e Martingana hanno segnato la definitiva
affermazione sulle tavole dei migliori ristoranti d’Italia di questo vino.
Grazie a lui il passito ha anche raggiunto una quotazione accettabile e
remunerativa per il tanto lavoro che c’è dietro e per le intrinseche difficoltà
ambientali, anche se rimane a nostro avviso sempre estrememente competitivo
per il rapporto prezzo-qualità, specie se confrontato con altri vini da dessert
italiani assai più magri e meno complessi che vengono posti in commercio
a cifre ragguardevoli.
Salvatore vive l’isola in totale simbiosi, ne fa parte integrante, ne conosce
ogni sasso e soffre quando la sua Pantelleria non viene preservata e
difesa in ogni suo aspetto. Per lui l’isola è sacra, nei suoi sassi, nelle
forme geometriche disegnate dalla storia, nella tipologia ancestrale da rispettare.
Andate con lui a Mueggen, nell’altipiano più bello d’Italia, a vedere un
paesaggio intatto, quasi primordiale, non toccato nemmeno dai pali della luce,
dove sta ultimando il suo dammuso, dove aprirà il suo Tempio agli amici,
a coloro che vorranno con lui amare l’isola, i suoi prodotti, la sua cucina,
quei pochi chili di lenticchie delle quali ha salvato la specie, quei pomodori
che crescono con la sola (e poca) acqua piovana bevendo con lui i suoi
grandi vini. E non sono solo vini dolci!
Provate lo zibibbo secco per essere travolti da questo vino ambivalente,
femmineo nei profumi e maschile nella struttura e soprattutto dal suo rosso.
Il Pignatello è uva antica, giunta qui chissà quando.
Ci piacerebbe sentire il parere di quel luminare di Attilio Scienza.
Nelle mani di Salvatore si trasforma in un vino di grande e complessa struttura,
una specie di grande amarone del sud per via del complesso fruttato che ti
avvinghia e travolge. Sentire e parlare con Salvatore significa secondo noi
capire al meglio il respiro dell’isola e il suo significato vero, non contaminato
da alcuna suggestione esterna.
Ma non è solo Salvatore. Dietro di lui altri giovani si sono mossi e lo stanno
seguendo. Che dire di Solidea (che nome bellissimo per una donna!) e
Giacomo D’Ancona? Giovanissimi, hanno scelto di costruire la loro casa
in campagna, ricostruendo un dammuso con i muri a secco, contornandosi
di vigna e piante originali e ridando impulso nuovo all’antica azienda paterna.
Il loro Passito è oggi tra i più interessanti dell’isola, ottenuto con una
selezione accurata delle uve (non di proprietà ma acquistate da una diecina
di contadini che sono da anni seguiti e conosciuti) e vinificato nelle cantine
di Nuova Agricoltura a Pian della Ghirlanda.
Citazione di obbligo per il Villaggio Agrituristico Archeologico di Cimilla dove
Roberto Casano, quarta generazione di esponenti dell’antica tradizione enoica
pantesca, vinifica Bonsulton, premiato al recente Vinitaly.
Vino di buona struttura, grasso e ricchissimo di profumi, con elevato
contenuto zuccherino, eppure mai stucchevole.
Un vino che ci auguriamo possa ripetersi negli anni e contribuire in modo
ulteriore alla definitiva affermazione del Passito di Pantelleria come uno
dei grandi vini da dessert e meditazione del mondo.
Piccola guida all'isola
Alloggio: Khamma al centro storico con il Port’Hotel a fianco.
A un chilometro in località Mursia due alberghi gemelli gestiti dalla stessa
famiglia: il Cossyra e il Mursia si distinguono per l’affaccio sul mare e per
lo splendido complesso di piscine.
Dall’altra parte in località Tracino il semplice albergo Papuscia.
Numerosi sono i dammusi privati disponibili per l’affitto, che
rappresentano forse il modo più naturale e amato dai turisti per soggiornare
nell’Isola.
Trattorie: l’unico vero ristorante, elegante e romantico, è i Mulini, ricavato
in un antico mulino a mezza costa in località Tracino. Tre salette di grande
tipicità, raffinate con cucina di territorio di carne e pesce.
Altri indirizzi: Il Dammuso al porto, La Nicchia a Scauri, La Conchiglia a
Khamma. Un posto semplice, quasi agrituristico, in località Khamma
fuori è Favarotta per mangiare i semplici piatti di una cucina di campagna.
Indirizzi vari: Erboristeria, erbe ed aromi dell’isola, Il Mirto e la Rosa in
via Catania, tel. 0923911921 (specialità il Profumo di Pantelleria);
gelati da Daniel al porto via Marina, tel. 0923912820, dolci da Katia in via
borgo Italia (al porto) tel. 0932911832.
Prodotti alimentari tipici: La Nicchia, collegata al ristorante dello stesso
nome, in via Messina 24, tel. 0923912968 dove Gianni Busetta produce
una linea di barattoli di vari aromi, salse e patè a base di capperi e
verdure, e accanto a queste una serie di marmellate, gelatine e confetture
tipiche. Dolci fatti a mano con cura, eleganza e raffinatezza: dalla signora
Teresa Gabriele Busetta a Runcuni Pigna di Khamma, tel. 0923915577,
da non perdere le deliziose cassatelle di ricotta e i mustaccioli locali,
delle fini coroncine impreziosite da ricami di perline.
Un po’ di musica la sera: per i giovani la discoteca Oxidiana, per tutti il
piccolo e tranquillo Cicci’s pub al centro, o “U friscu” a Scauri.
di Luigi Cremona
Su concessione de La Madia TravelFood
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