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Angelo Gaja: Crisi astigiana

di Redazione di TigullioVino.it

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E’ trascorso ormai un anno dall’entrata in vigore del’OCM vino e il Piemonte fatica ad adeguarsi ai nuovi provvedimenti introdotti:

- eliminazione dei contributi per la distillazione delle eccedenze dei vini a Denominazione di Origine Controllata.
- contenimento della sovrapproduzione attraverso premi all’estirpazione dei vigneti e premi per la distruzione dell’uva verde sulla vite (diradamento).

La cantine cooperative dell’astigiano invocano invece il contributo alla distillazione per oltre 200.000 ettolitri di Barbera d’Asti, Dolcetto e Brachetto. Avevano sdegnosamente rifiutato 6,5 milioni di euro che erano stati assegnati al Piemonte per il diradamento delle uve 2010. Certamente un errore. E’ benemerito chi si adopererà per cercare di recuperarli e procurare alle cantine qualche sollievo. Racimolare finanziamenti altrove non sarà facile.

Restano però delle contraddizioni da dissipare. Di fronte alla richiesta di contributi per eliminare le eccedenze le cantine sociali dell’astigiano hanno fortemente voluto ed ottenuto una modifica del disciplinare di produzione che autorizza, a partire dalla vendemmia 2010, ad un consistente aumento dei massimali di produzione per i vini destinati alla DOC Piemonte. Quando il vino già esce loro dalle orecchie sarà possibile da quest’anno, dagli stessi identici vigneti, produrne ancora di più.

Tra il 2007 ed il 2009 le cantine cooperative piemontesi avevano ricevuto finanziamenti per oltre 8 milioni di euro. Nel corso degli ultimi trent’anni i contributi assegnati alle cantine cooperative piemontesi hanno raggiunto un’impressionante imponenza. Una parte delle sovvenzioni pubbliche è stata spesa con oculatezza ed ha prodotto risultati utili per il comparto. Non meno del 50% di esse sono invece state spese senza portare benefici, troppe cantine sociali continuano a vendere il vino sotto-costo o a prezzi stracciati; i soci vengono tenuti in ostaggio con la minaccia di essere perseguiti se non conferiscono la totalità delle uve e vengono convinti a scendere in piazza a protestare, quando il male è nel manico, in consigli di amministrazione incapaci di operare dei cambiamenti, che confidano perennemente nel sostegno pubblico per ripianare debiti e sprechi.

A chi giova, dopo trent’anni, continuare a sostenere questo 50% di cantine sociali sempre sull’orlo del fallimento? Di quale utilità sono state per i loro soci viticoltori? Perchè i figli dei soci viticoltori non possono mettersi in proprio cessando di conferire le uve alle cantine sociali che nonostante il sostegno pubblico restano irrimediabilmente decotte? Non è che la cattiva immagine di queste cantine oscuri il restante 50% di cantine cooperative efficienti che hanno invece contribuito a fare brillare il Piemonte? Come fare capire che il denaro pubblico non può continuativamente essere destinato a sostenere una causa persa? Perchè le cantine cooperative virtuose sono andate al traino della richiesta insensata di produrre dal 2010 maggiore quantità quando il mercato era già largamente inflazionato dalle eccedenze? Quali sono i passi da fare per avviare un cambiamento e voltare finalmente pagina?

In effetti le domande sono retoriche, perchè le risposte si conoscono da tempo. Lo spreco del denaro pubblico suscita fiammate di scandali ben presto sopite, senza che si avviino provvedimenti consequenziali. I succhiatori di denaro pubblico si sono organizzati e costituiscono una armata affamata e difficile da contrastare. L’esubero di produzione ha fatto comodo a molti, anche agli imbottigliatori che possono continuare ad acquistare all’ingrosso a prezzi stracciati. Le responsabilità politiche sono elevate. I viticoltori sono vittime di un meccanismo perverso. La DOC Piemonte non è mai stata così svilita. Non è consolante pensare che tutto continui a restare come prima.


Fonte news: Angelo Gaja

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