La delicatezza dei profumi e del gusto dell’olio extravergine di oliva ligure è notoria. Impagabile condimento a tutto tondo è l’ideale con piatti di mare leggeri e, in genere, con ricette in cui si vogliono esaltare le materie prime. La coltura dell’olivo nella regione, introdotta probabilmente dai monaci benedettini nell’Imperiese, raggiunse una tale importanza nel 1600 e nel 1700 da modificare il paesaggio con muretti a secco per aumentare le superfici dei terreni. La certificazione della Denominazione di origine protetta Riviera Lgure è la prima in Italia a carattere regionale e risale al 1997. Ha tre menzioni geografiche aggiuntive: Riviera dei Fiori, per la provincia di Imperia, che da sola rappresenta oltre l’80 per cento dei quantitativi, Riviera del Ponente Savonese, per la provincia di Savona, e Riviera di Levante per le province di Genova e La Spezia.
Esistono, tra le diverse zone geografiche, lievi differenze dovute al tipo delle olive eai terreni. All’estremo Ponente, e per tutta la provincia di Imperia, domina la varietà Taggiasca, da olio e da mensa, è piccolina e saporitissima e deve essere presente per almeno il 90 per cento, dà un prodotto solitamente dolce. In provincia di Savona, oltre alla Taggiasca, utilizzata per almeno il 50 per cento, si trovano diverse varietà, tra cui la Razzola, e l’olio è appena più saporito. Nel Levante scompare la Taggiasca per lasciare posto alla sorella Lavagnina, alla Razzola e ad altre varietà riconducibili alla famiglia Frantoio, presenti per almeno il 55 per cento e che imprimono un carattere più marcato. Il confronto si riferisce ad oli da olive raccolte nello stesso momento e con lo stesso tipo di lavorazione. Si sa che le caratteristiche organolettiche finali dipendono soprattutto dal momento della raccolta delle olive e dal tipo di frangitura. Olive raccolte ancora verdi danno un olio che si conserva di più ma che ha note di piccante e di amaro accentuate, e la frangitura con il metodo tradizionale, ossia con le molazze e con le presse idrauliche, dà solitamente un prodotto più dolce.
Basilico ligure, pesto giusto
Sembra una salsa facile quella del pesto e invece no. Rappresenta una bella bandiera non solo della regione ma del made in Italy, eppure sul mercato si trovano molte imitazioni con uso di materie prime competamente diverse dalle originali. Sono il clima e il suolo ligure che fanno miracoli regalando una giusta concentrazione di aromi, più gradevole al palato, e con gusto unico. La ricetta originale vuole per 4 persone, circa 6 mazzetti di piantine di basilico (devono essere piccolissime e appena estirpate), due spicchi d’aglio (meglio se di Vessalico), qualche grano di sale gorsso, un cucchiaio di pecorino sardo (stagionato un anno), 4 cucchiai di Parmigiano Reggiano (stagionato 24 mesi) e 20 g di pinoli (di Pisa prima qualità): Per pestare il pesto ci vorrebbe il mortaio di marmo bianco di Carrara. Prima si schiaccia l’aglio, poi i pinoli, si aggiungono le foglioline di basilico senza picciolo, il sale, poi si uniscono i formaggi grattuggiati e infine l’olio. Si trasferisce la salsa in una zuppiera tiepida, si aggiunge un cucchiaio di acqua di cottura della pasta e poi si manteca con le trofieoppure le trofiette o le lasagnette quadrate chiamate “mandilli de seaa” (fazzoletti di seta).
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