La Val d’Orcia è un territorio unico. Non ha eguali. Un susseguirsi pianure, declivi e di verdi colline ornate di vigneti ed oliveti, con borghi e castelli medievali contornati da svettanti cipressi. All’interno e in felice contrasto cromatico, le crete, sassi e macigni. Una terra antica che guarda al futuro. Non a caso l’Unesco, caso unico nel suo genere, l’ha inserita nel patrimonio dell’umanità. Nel passato, contadini e povera gente, non avendo denaro, pagava dazi e gabelle con prodotti della terra. In primis, vino ed olio. Due colture dominanti che, superando l’usura dei tempi e le mode, assieme all’attività agrituristica e ad altre forme d’artigianato, rappresentano oggi il volano economico del vasto territorio, comprendente vari comuni di cui 13 danno origine alla Doc Orcia.
Cenni sull’Orcia Doc
La zona di produzione dei vini Orcia Doc comprende 13 affascinanti comuni di cui totalmente, Buonconvento, Castiglione d’Orcia, Pienza, Radicofani, San Giovanni d’Asso, San Quirico d’Orcia, Trequanda e, in parte, Abbadia San Salvatore, Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano dei Bagni, Sarteano e Torrita di Siena in provincia di Siena.
I vini
Tre i vini Orcia Doc: Bianco, Rosso e Vin Santo. A discrezione del produttore, è previsto anche l’Orcia Novello. Il Bianco è prodotto con trebbiano toscano per almeno il 50%, e da vitigni raccomandati/autorizzati a bacca bianca non aromatici per l’altra metà. Mentre per l’Orcia Rosso, già buono, ci vorrebbero (a parer mio) alcune modifiche. Senz’altra seria e concreta la resa d’uve per ettaro voluta ad 80 quintali. La stessa resa dei più grandi vini italiani. Auspicabile in futuro nelle grandi annate, la nascita di un Orcia Doc Rosso Superiore o Riserva, derivato da scelte uve, con un affinamento di 2 anni (che decorrono dal 1 gennaio dell’anno successivo) e con 13% in alcol. Le uve che lo compongono sono il sangiovese per almeno il 60% e da altre uve non aromatiche raccomandate/autorizzate dalla Regione per il 40%, di cui massimo il 10% bianche. Quasi come il primo disciplinare (rese a parte) del Chianti. Una maggiore caratterizzazione del vino, tenendo conto delle diverse caratteristiche pedoclimatiche della zona, si avrebbe con il sangiovese all’80% e il resto con i vitigni autoctoni (colorino, canaiolo nero, malvasia nera, foglia tonda) voluti dalla maggior parte dei produttori. Niente uve bianche. Poi il Vin Santo. È ottenuto da trebbiano toscano o malvasia lunga del Chianti per almeno il 50% e, per l’altra metà, da uve bianche non aromatiche di vitigni raccomandati/autorizzati dalla Regione, scelte accuratamente, sottoposte ad appassimento naturale ed ammostate tra il 1° dicembre dell’anno di produzione e il 31° marzo dell’anno prossimo. Obbligatorio un invecchiamento di almeno 3 anni in caratelli di rovere.
Pochi ma validi tipi di vino che, sebbene originati da vitigni diversi, sono caratterizzati da fattori pedoclimatici particolari (terreni ricchi di sostanze minerali ed escursioni termiche tra il giorno e la notte), che conferiscono profumi fruttati e freschezza al Bianco, intensità di colore, bouquet e struttura al Rosso, e velluto e sapidità al Vin Santo. Oltre che in cucina, gli Orcia Doc si abbinano al meglio sia con i piatti tipici del territorio che con altri similari della cucina nazionale.
La Doc Orcia in cifre
Uve prodotte dagli associati al Consorzio nel 2007: 4.000 quintali. In 25% in più del 2006 (3.200 quintali). Iscrizioni all’Albo della Doc: 200 per il Rosso, 27 per il Bianco e 5 per il Vinsanto. Bottiglie prodotte nel 2007: circa 150.000. Attualmente le aziende aderenti al Consorzio sono 33.
Valorizzazione dell’Orcia Doc
Ogni vino che si rispetti ha la sua manifestazione. I più blasonati hanno alle spalle una o due decine di edizioni. Ma ben pochi, dopo soli alcuni anni, hanno raggiunto una notorietà nazionale. Tra questi, l’Orcia Doc Rosso. Un risultato di assoluto rilievo, in quanto questa giovane Doc (compierà 9 anni il 14 febbraio) si trova tra le blasonate Brunello di Montalcino e Vino Nobile di Montepulciano. In comune hanno, anche se di cloni diversi, il sangiovese. Un vitigno che, presente da alcuni secoli in queste zone, è ormai in perfetta simbiosi col territorio. Ma il merito di avere creduto nelle risorse del territorio ed iniziato la valorizzazione del vino, è di alcuni produttori di San Quirico d’Orcia. Dalla loro tenace operosità, nacque nel 2000 la Doc Orcia e insieme, il Consorzio del Vino Orcia, presieduto sin dall’inizio dalla dinamica Donella Vannetti. Dopo soli pochi anni, Donella Vannetti realizza un evento importante per l’Orcia Doc, chiamandolo “Divin Orcia”. Manifestazione itinerante tra tutti i comuni della zona di produzione, di cui la prima edizione risale al 2005. La sede fu Monticchiello, e assieme al vino Orcia il famoso cacio di Pienza. Seconda edizione nel 2006 a Buonconvento in Val d’Arbia col binomio Orcia Doc con la succulenta chianina (fiorentina). La terza, nel 2007 a San Giovanni d’Asso con Orcia rosso e il tartufo bianco delle Crete senesi.
Divin Orcia 2008
L’attuale edizione, superando il successo delle precedenti, si è svolta dal 5 al 7 dicembre a San Quirico d’Orcia, magnifico esempio d’architettura medievale, concomitante con la 15a Festa dell’olio. Teatro dell’iniziativa, il piano terra del settecentesco Palazzo Chigi Zondalari. Dopo l’inaugurazione da parte del sindaco Marileno Franci e l’intervento della presidente del Consorzio vino Orcia Donella Vannetti, numerosi visitatori - dalle 10 alle 18 - hanno letteralmente preso d’assalto i banchi d’assaggio delle aziende consorziate. Due le annate in degustazione: 2005 e 2006, con alcuni campioni di 2004 e 2007. Mentre il pubblico era impegnato nella degustazione dei numerosi vini, nell’attigua saletta predisposta per l’occasione, un gruppo di giornalisti della stampa specializzata era impegnato nella valutazione di 22 campioni di vino di 17 aziende. Due annate a confronto: 2005 e 2006 entrambe valide benché sulla carta, c’era qualcosa in più sul 2006. Dai miei personali giudizi, sono emerse le seguenti considerazioni. Dei 22 campioni di Orcia Doc Rosso, 6 sono risultati molto buoni, di cui quattro del 2005 e due del 2006; ben nove buoni, di cui tre del 2005 e sei del 2006. Infine sette discreti di cui quattro del 2005, due del 2006 ed uno del 2004. All’aspetto, oltre che limpidi, la quasi la totalità marcava un color rubino molto intenso; granato carico la restante parte. Lo stesso all’olfatto: l’80% esprimeva sentori fruttati, spezie e note vegetali (fieno e tabacco). Il 10% anche mandorla, cacao e nota balsamica. Il restante 10%, i sentori dei precedenti con netta nota boisè. Al sapore il 70% presentava sapidità, struttura e persistenza e, sebbene ancora giovane, discreto equilibrio. Il 20% oltre alle caratteristiche in precedenza citate, ha espresso una limitata morbidezza per sensibile tannicità. Mentre la restante parte, sia per eccesso o carenza di morbidezza ed astringenza, erano disarmonici. In sintesi, il livello qualitativo in generale spaziava dal discreto al molto buono. Da non eccedere nell’uso della barrique.
Dalla mezzadria alla proprietà
Nel tardo pomeriggio, in una regale sala di Palazzo Cipolla, l’enologo Andrea Mazzoni, l’architetto Brogi, il prof. Montori ed il dr Tassoni, hanno illustrato per i giornalisti, la storia della vite e del vino in Val d’Orcia. “
Virgilio Pronzati, giornalista specializzato in enogastronomia e già docente della stessa materia in diversi Istituti Professionali di Stato...
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