La gastronomia ligure, pur varia, deriva soprattutto dalla cucina genovese; le eccezioni derivano dalle zone più interne e da quelle confinanti con le altre regioni e con la Francia. I suoi piatti tipici si identificano nella ormai nota e seguitissima dieta mediterranea: quindi piatti scarsamente grassi, ricchi di fibre e proteine vegetali, di molta leggerezza e saporosità, ottenuti con freschissimi prodotti ittici, ortaggi, pasta fresca e secca, carni avicole e ovine e (limitatamente) salumi e formaggi.
Preparazioni gastronomiche di semplice o raffinata matrice, insaporite dalle immancabili erbette aromatiche e cucinate o condite solo con un delicato, fruttato ma sapido olio extravergine di oliva, dove spicca la quasi totale assenza di spezie e droghe.
Da tutto ciò si è sviluppata una cucina “seria”, in linea con il carattere ligure: e cioè aliena da effimeri effetti, realistica, attuale e dietetica, affidata esclusivamente a intelligenti e pazienti manipolazioni che sono l’opposto di moderne improvvisazioni, o peggio di una cucina costruita, baroccheggiante e ricca solo di orpelli.
Fermo restando che la cucina di qualità o di alto livello era retaggio di nobili e ricchi perchè avevano grandi mezzi e i migliori cuochi, i loro “mangiari” erano simili a quelli di regnanti e ricchi di altre grandi città europee. Era il cosiddetto popolino che si nutriva di piatti derivati dai prodotti del suo territorio.
Già dal Trecento lo zafferano costava più dell’oro. E appena meno, altre pregiate spezie esotiche. Da qui l’uso in cucina delle erbette spontanee e aromatiche. Ovviamente non ne conoscevano interamente le benefiche proprietà stomatiche, digestive e corroboranti, ma conferivano sicuramente ai cibi più aromi e sapori.
Ad esempio, l’alloro oltre a cingere il capo, toglie il sentore di animale (bestin) e aiuta a digerire piatti paciosamente grassi, saporosi e decisi come stufati di castrato e di montoni, fegato e trippe in umido. La maggiorana caratterizza cima, torte salate e verdure ripiene. La boraggine da vita a eccellenti ravioli di magro, il preboggion a ghiotti pansoti, risotti e minestre.
Sapori agresti che hanno siglato la seconda parte delle serate gastronomiche recchesi del ristorante Da O Vittorio di Recco. Locale storico dei mitici patrons Gianni e Vittorio Bisso, coadiuvati da alcuni lustri dai rispettivi figli. Per l’occasione a svelare al folto pubblico le molteplici proprietà delle erbe spontanee, una autorità in materia come Lella Canepa presidente dell’Associazione Culturale Erbando e autrice di pubblicazioni sulle erbe eduli spontanee e non solo.
Ecco i piatti creati da Mattia e Federico Bisso e gli altri chef. Dopo l’ottimo spumante brut rosè metodo classico di Pojer e Sandri, invitanti seppioline, piselli e pimpinella, erbette, patate e gamberi di Santa Margherita Ligure affumicati perfettamente abbinati al Colli Orientali del Friuli Sauvignon Monopolio Sanserena 2019 di Fondo Indizeno. Agresti focaccette verdi fritte al formaggio realizzate poco prima in diretta dal maestro Giulio Cassinelli.
Storici corzetti stampati al pesto di preboggion con muscoli e salvia fritta. Inedito baccalà in olio di cottura, cicoriette ripassate, ricci di mare e polvere di caffè. Tutti e tre i piatti accompagnati dal Negroamaro Rosato del Salento IGT Grècia 2021 di Paololeo. Dulcis in fundo con l’irrinunciabile crostatina ai frutti rossi boschivi e pimpinella.
Nella foto Gianni, Federico, Mattia, Paola, Chiara e Vittorio Bisso
Virgilio Pronzati, giornalista specializzato in enogastronomia e già docente della stessa materia in diversi Istituti Professionali di Stato...
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